L'insostenibile evanescenza della ricostruzione

che tristezza

9 giu. 2015

Nell'immediato post terremoto si è registrata la nascita di molti comitati di cittadini unitisi con la speranza di far valere la propria voce per determinare il futuro e le regole che traghettano le loro vite dalla condizione di terremotato a quella di una normalità tutta da ricostruire.

Hanno tutti misaramente fallito l'obiettivo. Onna è esattamente com'era sei anni fa, Paganica idem, e, come tutte le altre frazioni, forse gli sarà concesso il "privilegio" di veder finanziato un aggregato per ciascuna.

All'Aquila la ricostruzione è addirittura ammantata dal mistero mentre i comuni del cratere raramente hanno partorito un comitato e, quando è successo, come a Barisciano, nessuno li ha ascoltati e la gran parte dei membri si è ben guardata dall'insistere nel timore di indispettire il manovratore.

In tutto ciò salta all'occhio la totale assenza, da parte degli abitanti di questi territori, di qualsivolgia volontà e capacità di autodeterminazione. Attoniti e proni hanno letteralmente delegato a terzi il proprio futuro e le scelte destinate a determinare la loro esistenza.

Dante li avrebbe alloggiati tutti nell'Antinferno, tra gli ignavi.

Se per molti il sisma ha rappresentato una "botta di vita", se alloggiati in case le cui funzionalità sono risultate di gran lunga preferibili a quelle delle loro precedenti abitazioni, per altri si sta facendo strada l'agghiacciante consapevolezza che l'acronimo MAP racchiude in sè una mortificante beffa.

Pochi soggetti estranei al territorio, con alcuni indigeni a far da palo, hanno imposto ai molti una ricostruzione insostenibile, sia materiale che sociale, dove i terremotati sono trattati come profughi in casa propria e costretti ad assistere impotenti a fatti e misfatti che in futuro potrebbero veder scoperchiare una pentola più mefitica di quella di Roma Capitale.

Ciò nonostante.... tutti zitti.

 

Walter Salvatore