Esternalizzazione come cavallo di Troia
24 ott. 2015
Già nel 2005 risultava che il 96,4% delle amministrazioni pubbliche italiane aveva avviato almeno un'esternalizzazione dei propri servizi.
Non sorprende che per certi amministratori, quelli che oggi dalle nostre parti dichiarano di essere in prima fila nella lotta al malaffare che si annida nelle pieghe della ricostruzione, rappresenti il modo per aggirare i controlli amministrativi, le regole del mercato e soprattutto quello delle assunzioni.
Non è scontato che l'esternalizzazione porti con sé corruzione ma certo non è tranquillizzante venire a sapere che, mentre un esercito di aquilani cerca la stabilizzazione dopo decenni di precariato, soggetti politici locali non si fanno alcuno scrupolo nel piazzare figli (anche più di uno), parenti e portaborse nell'organico di chi si aggiudica la gara per quello o quell'altro servizio.
Una pratica vergognosa attuata mentre i media ci sbattono in faccia una situazione di corruzione e malaffare a livello locale, regionale e nazionale che fa venire il voltastomaco e voglia di cambiare cittadinanza.
La si attua nel momento in cui, nel nostro territorio, l'azione di contrasto al malaffare appare più convinta e decisa e ciò lascia presumere che gli autori siano convinti di godere di una speciale immunità.
Una bassezza etica e morale i cui dettagli sono noti ai più, sono sulla bocca di tutti e riscontrabili da qualsiasi novello Sherlock Holmes con semplici e banali verifiche ma che, questa la parte più avvilente, sembra lasciata libera di proliferare come se fosse del tutto normale.
Un quadro inquietante.
Walter Salvatore